Con Mission: Impossible – The Final Reckoning, la saga di Mission: Impossible aggiunge un ottavo capitolo ad un franchise approdato sul grande schermo quasi trent’anni fa. Nata come adattamento della popolare serie televisiva CBS degli Anni Sessanta, la serie ha trasformato Tom Cruise in un’icona d’azione e, soprattutto, messo in scena alcuni dei più grandi stunt di tutti i tempi. Le avventure di Ethan Hunt hanno scritto una pagina indelebile nel mondo degli action movies, ma ciò non vuol dire che i fan sappiano proprio tutto sui film: ecco 5 curiosità affascinanti e poco note che anche gli estimatori più accaniti della saga potrebbero non conoscere.
Mission: Impossible, la prima sceneggiatura di è stata assemblata all’ultimo minuto
Proprio così: il primissimo film di Mission: Impossible, datato 1996, non poggiava su una sceneggiatura solida e collaudata. Nonostante l’ingente budget in gioco, il film diretto da Brian De Palma arrivò alla fasi di pre-produzione senza uno script completo. Curiosamente, sono stati, più di ogni altra cosa, i set costruiti per i concept delle sequenze d’azione a guidare la storia verso la sua struttura finale. Questo modo improvvisato di realizzare un film ad alto budget con una star affermata come Tom Cruise, ha segnato un importante precedente. Rispecchia infatti un’abitudine che ha caratterizzato i successivi capitoli del franchise, diretti da Christopher McQuarrie. Vale a dire, la tendenza ad aggiungere e inventare importanti spunti di trama durante le riprese principali.

Mission: Impossible III: Martin Landau si è rifiutato di interpretare Rollin Hand
Come si accennava in apertura, la saga cinematografica di Mission: Impossible è nata da una serie TV. Tuttavia, J.J. Abrams (che ha diretto il terzo capitolo datato 2006) non riesce a resistere al richiamo della cultura pop del passato. Non a caso, Mission: Impossible III ha quasi inserito un collegamento molto esplicito con le origini del franchise. Il regista, infatti, propose a Martin Landau di interpretare di nuovo il personaggio di Rollin Hand, cui aveva prestato il volto nella serie, ma l’attore rifiutò immediatamente l’offerta. Se Landau avesse accettato, le due nature di Mission: Impossible – quella televisiva e quella cinematografica – si sarebbero intrecciate in modo accattivante.

Sean Harris non voleva più saperne della saga
Il super cattivo di Mission: Impossible – Rogue Nation (2015) era il terrorista Solomon Lane, interpretato da un minaccioso Sean Harris. Il divo inglese fu scelto per il ruolo in una fase in cui stava diventando usanza comune, tra gli attori, firmare contratti di sei film per apparire in serie di successo. Harris, tuttavia, non era alla ricerca di quel tipo di ingaggio. Christopher McQuarrie ha ricordato, durante la promozione di Rogue Nation, che fu proprio Sean ad insistere affinché Lane morisse nel film, perché non voleva apparire in episodi successivi del franchise. Sappiamo tutti com’è andata: Solomon è sopravvissuto in Rogue Nation e anche nel sequel Fallout (2018). Dopo la seconda apparizione, però, del personaggio si sono perse le tracce.

Rogue Nation: perché la colonna sonora di Joe Kraemer è unica
La colonna sonora di Joe Kraemer per Mission: Impossible – Rogue Nation è considerata la migliore dell’intera saga, soprattutto se paragonata alle composizioni più generiche di Lorne Balfe, musicista di riferimento del regista Christopher McQuarrie. Ciò che sorprende è come Kraemer abbia infuso le sue tracce di un’atmosfera che ci trasporta immediatamente indietro nel tempo. Precisamente, al tempo in cui debuttò la serie TV originale di Mission: Impossible. Le sue composizioni utilizzano strumenti molto comuni per la musica di metà Anni Sessanta e questo ha conferito al film una musicalità unica non solo rispetto agli altri capitoli, ma anche ai blockbuster moderni.

Protocollo Fantasma, la produzione voleva togliere Mission: Impossible dal titolo
Oggi è difficile immaginare una grande casa di produzione che non punti sul cursus honorum di Tom Cruise come star del cinema d’azione. Si pensi a Top Gun: Maverick e, per l’appunto, a Mission: Impossible 8: la promozione di questi film ha puntato tutto sul mostrare il divo impegnato in acrobazie formidabili, che sfidano qualsiasi istinto di sopravvivenza. Nel 2010, tuttavia, la reputazione di Cruise stava attraversando una fase ingrata. Dopo lo scarso successo (in confronto alle aspettative) di Mission: Impossible III e il flop di Innocenti Bugie (2010) di James Mangold, la Paramount Pictures stava prendendo in considerazione la possibilità di distribuire Protocollo Fantasma (2011) senza il marchio Mission: Impossible nel titolo.
In questo modo, la saga avrebbe potuto potenzialmente attrarre nuovi fan e non ricordare immediatamente agli spettatori i recenti passi falsi di Tom Cruise. Per fortuna, quel provvedimento non si concretizzò mai e Protocollo Fantasma divenne un enorme successo commerciale, con l’etichetta Mission: Impossible ben agganciata al suo marketing. La rinascita di Tom Cruise era iniziata.
